Archivio | luglio, 2015

Sagra dell’Uva a Marino (Festa del Vino)

29 Lug

La Sagra dell’Uva (detta anche Festa del Vino), con fontane che gratuitamente danno vino invece dell’acqua, si svolge a Marino ogni anno in ottobre.

Lo vedi ecco Marino
la Sagra c’è dell’Uva
fontane che danno vino
quant’abbondanza c’è!
(Franco Silvestri, ‘Na gita a li Castelli (Nannì), 1926.)

La Sagra dell’uva di Marino (‘a Sagra per antonomasia in dialetto marinese) è una nota festa tradizionale, che ricorre ogni prima domenica di ottobre a Marino, cittadina in provincia di Roma.
La Sagra dell’uva fu istituita nel 1925 per iniziativa del poeta Leone Ciprelli e da allora è stata puntualmente organizzata ogni anno. Le sue radici tuttavia affondano in accadimenti storici precedenti: in coincidenza con la festa profana si tiene infatti la festa della Madonna del Rosario, celebrata per commemorare la vittoria della Santa Alleanza contro l’Impero ottomano nella battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571.

Il programma della Sagra dell’Uva di Marino è frutto di ottant’anni di esperienza, di esperimenti e di cambiamenti. Generalmente, ormai da diversi anni, si segue un programma prestabilito senza apportare significative variazioni. Il nucleo centrale della festa è la domenica pomeriggio, con la ricorrenza profana e il ‘miracolo’, tuttavia a seconda dei cambiamenti delle giunte comunali e delle disponibilità economiche, i festeggiamenti possono incominciare un mese prima come non incominciare affatto. Negli ultimi anni, l’animazione inizia il giovedì o il venerdì e si protrae non oltre il lunedì della ‘Sagretta’, usanza voluta dai marinesi come replica meno affollata della festa tanto amata. Oltre agli eventi della domenica, ci sono altri eventi fissi stabiliti il sabato della vigilia e il lunedì della’Sagretta’.

Sabato della vigilia
Nel pomeriggio del sabato della vigilia, generalmente verso le ore 18, per le vie del centro storico si assiste alla rievocazione storica dell’annuncio della vittoria cristiana nella battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571. Un araldo a cavallo, accompagnato da trombettieri, tamburini e sbandieratori, percorre Corso Vittoria Colonna e Corso Trieste leggendo il proclama che convoca il popolo davanti Palazzo Colonna. Quindi, figuranti in costume cinquecentesco che interpretano il governatore e i notabili del feudo si affacciano alla balconata del palazzo che affaccia su piazza della Repubblica e danno l’annuncio della vittoria cristiana e soprattutto della vittoria del feudatario Marcantonio II Colonna, rendendo noto che l’indomani questi rientrerà solennemente nel suo feudo.

Domenica della Sagra
« Ivi, d’attorno la fontana de’ mori, una battaglia pazza s’è scatenata, con empio rigurgito, verso le cannelle del vino gratis.Le ondate d’assalto si susseguono ininterrotte contro il muro de’ carabinieri trafelati, che munisce la cittadella dello spumante gratuito; sciami di boccali di carta, svolazzando a mezz’aria, pervadono la cupidigia dei raccoglitori; chi, felice, ne ha presi al volo venticinque, chi trenta. Saldamente piantati a gambe larghe ed alti sulla roccaforte propria della fontana, gli avanguardisti la cingono come d’una seconda e interior munizione. Fanno gli onori di casa, prendono vuoto e porgono il bicchiere cartaceo ai primipili delle falangi d’assalto, e dello spumante gratis ne sbròdolano un po’ micamale anche in testa ai carabinieri, data la difficoltà del manovrare nella tempesta. Cola il vino nuovo dalle cannelle di rame, vàlica dentro ai bicchieri il panno nero e rosso della forza pubblica, il crinale delle spalline, i galloni d’argento: e finisce tra tosse e starnuti metà in gola, metà nel naso, metà nei calzoni, metà nel gilè tra camicia e pelle alla gente, che beve e s’infradicia, ricacciata da gomitate sature di folklore, con risa e urla gioconde, a ora a ora delusa o felice, secondo che la prende l’onda, o la risacca la dilontana. »

La processione religiosa
La domenica mattina si tiene nella Basilica di San Barnaba una messa solenne presieduta dal vescovo di Albano e dall’abate parroco. Alla funzione religiosa assistono le autorità civili e militari, il sindaco e i rappresentanti dei comuni limitrofi o gemellati. Al termine della funzione, si inizia a snodare per le vie del centro storico la processione in onore della Madonna del Rosario. I membri delle confraternite portano in processione due grandi arazzi seicenteschi e altri oggetti di fabbricazione sei-settecentesca, mentre i membri della Confraternita del Santissimo Rosario portano a spalla, avvicendandosi, la pesante macchina processionale su cui è innalzata la statua lignea della Madonna del Rosario. Questa usanza, faticosissima specialmente nei tratti in forte dislivello o in salita, è stata ripresa da poco ed ufficializzata con la ricostituzione della Confraternita nel 2002, per volere dell’abate parroco Aldo Anfuso.La processione percorre tutte le strade e le piazze principali del centro storico, ovvero piazza San Barnaba, via Roma, via Cavour, piazza Giacomo Matteotti e Corso Trieste, seguendo un itinerario circolare che riporta il corteo davanti alla Basilica di San Barnaba per la supplica alla Madonna di Pompei.

La supplica alla Madonna di Pompei
Una volta che la processione religiosa è tornata in piazza San Barnaba, davanti alla Basilica di San Barnaba i portatori della Confraternita del Rosario posano la statua della Madonna del Rosario su un trabiccolo e l’abate parroco, alla presenza delle autorità con i gagliardetti delle rispettive istituzioni e di tutta la folla, recita il testo della supplica alla Madonna del Santissimo Rosario di Pompei. Al termine della recita, dei bambini in costume tradizionale portano simbolicamente alla statua un omaggio di vino ed uva a nome di tutta la comunità marinese. Quindi, i portatori riportano la statua all’interno della Basilica, dove rimarrà alcuni giorni esposta a fianco dell’altar maggiore. A questo punto, la ricorrenza religiosa può dirsi conclusa.

Il corteo storico
Nel primo pomeriggio della domenica la folla di visitatori e marinesi si accalca ai lati di Corso Vittoria Colonna e di Corso Trieste per poter assistere al corteo storico in costume cinquecentesco. Il corteo, svoltosi per la prima volta nell’edizione 1929 per iniziativa dello stesso Leone Ciprelli, fu efficacemente ripreso a partire dal 1970 grazie a una serie di associazioni di volontariato che si occupano di fabbricare i pregiati costumi e di custodirli. Nel corso degli anni, la ricchezza del guardaroba è cresciuta in maniera esponenziale, ma anche la partecipazione popolare. I vestiti più gettonati sono ovviamente quelli della nobiltà, mentre l’abito tradizionale da semplice popolano è ovviamente meno gettonato. Con gli anni, l’evento si è arricchito della partecipazione di gruppi di rievocazione storica di altre zone d’Italia, come gli sbandieratori di Cori e i frombolieri di Ischia.
Fra le apparizioni più importanti nel corteo, i suggestivi vestiti della nobiltà, specialmente quelli delle dame. Agli abiti dei prigionieri turchi da alcuni anni sono state tolte le catene e restituite le scimitarre, un segno politically correct di distensione. Nel corteo sono inclusi i gruppi autoctoni di sbandieratori Colonnae Signifer e Città di Marino. Generalmente, in linea con le disponibilità economiche delle amministrazioni comunali, la parte di Marcantonio Colonna e della consorte Felice Orsini viene interpretata da attori ed attrici di fama nazionale: tra gli altri, Andrea Giordana (1998), Giuliano Gemma (1999), Orso Maria Guerrini (2000) ed Enzo De Caro con Flavia Vento (2003), Ascanio Pacelli e la moglie Katia Pacelli (2007), Roberto Ciufoli (2008). La pesante corazza del Colonna è stata del resto dipinta dal maestro Umberto Mastroianni.

La sfilata dei carri allegorici
La sfilata dei carri allegorici è l’evento coreografico che fino all’invenzione del corteo storico raccoglieva tutti gli entusiasmi degli organizzatori e dei visitatori. A Marino il Carnevale è sempre stato organizzato in maniera accurata, soprattutto dal forte schieramento anticlericale che ogni mercoledì delle Ceneri organizzava il Carnevalone, evento che richiamava migliaia di persone dai Castelli Romani e da Roma. Il regime fascista, non appena salito al potere, ritenne opportuno sopprimere questo evento, di chiara matrice repubblicana e antifascista, ma lo stesso entusiasmo che si rivolgeva al Carnevalone venne rivolto dal 1925 alla sfilata dei carri allegorici, una sorta di carnevale autunnale.

Il ‘miracolo delle fontane che danno vino’
È l’evento fondamentale della Sagra dell’Uva. Che le fontane diano vino invece che acqua non è una cosa inventata a Marino nel 1925: a Roma già in due occasioni, nel 1644 per l’elezione di papa Innocenzo X e nel 1670 per l’elezione di papa Clemente X, le fontane alla base della scalinata del Campidoglio diedero vino alla folla meravigliata. In Francia, nella cittadina alsaziana di Wangen, ogni 3 luglio una fontana distribuisce vino.[57] Tuttavia, il ‘miracolo’ di Marino è il più famoso in Italia ed è, a quanto sembra, rimasto inimitato nel nostro paese. Proceduralmente il ‘miracolo’ è molto semplice: nelle condutture delle fontane cittadine vienne fatto scorrere vino mentre l’erogazione di acqua è sospesa. La fontana-simbolo del miracolo è quella dei Quattro Mori, edificata nel1636 su progetto di Pompeo Castiglia per volere del principe Filippo I Colonna che voleva commemorare la vittoria sui Turchi ottenuta dal suo avo Marcantonio II Colonna: infatti nella fontana compaiono otto turchi o mori, uomini e donne, denudati e incatenati ad una colonna di marmo, simbolo araldico della famiglia Colonna.

La ‘vendemmiata’
La ‘vendemmiata’ è una tradizione ormai caduta praticamente in disuso alla Sagra dell’Uva: fin dagli anni venti dai balconi di Corso Trieste venivano calati dei fili a cui erano legati grappoli d’uva, che la folla doveva raccogliere, ‘vendemmiare’, appunto. In seguito, vennero elaborate altre varianti della ‘vendemmiata’: la raccolta dei grappoli d’uva dai balconi o dalle finestre più basse; per finalità organizzative oggi si preferisce distribuire l’uva dai punti di distribuzione del vino.

Lunedì della Sagretta
Il giorno seguente alla domenica della Sagra vera e propria, è invalsa l’usanza, a partire dal secondo dopoguerra, di replicare il programma della festa profana per un pubblico in genere più ristretto. Non vengono svolte ovviamente la processione e la supplica alla Madonna di Pompei, ma solo il corteo storico, però senza la partecipazione dei personaggi famosi o dei gruppi forestieri, la sfilata dei carri allegorici e il ‘miracolo della fontane che danno vino’.Questa replica della Sagra in versione più dimessa e ‘familiare’ prende nome di ‘Sagretta’, o ‘Sagra dei marinesi’, ed è ormai un appuntamento fisso nel programma di ogni edizione.

Sagra dell’Uva a Marino (Festa del Vino)

Sagra dell’Uva a Marino (Festa del Vino)

Giornate Europee del Patrimonio 2015 sabato 19 e domenica 20 settembre

28 Lug

Giornate Europee del Patrimonio sabato 19 e domenica 20 settembre 2015, con aperture straordinarie ed eventi in tutta Italia sul tema L’alimentazione e la storia dell’Europa: identità culturali e alimentari alle radici dell’Europa.

Per le Giornate Europee del Patrimonio 2014, i principali musei, monumenti e aree archeologiche rimasero aperti al pubblico fino alle 24.00 al costo simbolico di 1 euro. All’iniziativa parteciparono anche i Musei Civici di Roma. In attesa di aggiornamenti al riguardo per il 2015.

La storia dell’alimentazione rappresenta una delle chiavi di lettura dell’identità di una nazione, delle sue evoluzioni culturali, anche quale conseguenza di relazioni con altre popolazioni. Rispetto ad altre espressioni culturali l’alimentazione è in grado di esprimere in modo facile e intuitivo il radicamento identitario che è implicito nella prassi alimentare di ciascuno di noi e che, negli ultimi anni, ha giustificato una politica accorta di preservazione delle peculiarità agroalimentari dei nostri territori, promuovendo la diffusione di marchi di qualità (DOP, IGP, DOC e STG) direttamente legati alle origini geografiche e alle tradizioni culinarie della filiera enogastronomica europea.
Uno spirito di conservazione che si scontra quotidianamente con il progressivo processo di livellamento legato alla globalizzazione che, pur favorendo l’incontro e l’integrazione culturale, spesso annulla le peculiarità locali, innescando una competizione al ribasso sia in termini qualitativi che, conseguentemente, identitari.
“Noi siamo ciò che mangiamo” (“Man ist, was man isst”), asseriva nella seconda metà dell’800 il filosofo Ludwig Feuerbach facendosi interprete di un concetto che negli ultimi anni si è particolarmente consolidato nell’immaginario collettivo, affiancandosi a locuzioni cristallizzate dalla sapienza popolare come il celebre motto “mangia come parli” che bene esprime il ruolo del cibo come metafora di integrazione e trasformazione, in quanto risorsa indispensabile per la vita e motore identitario del quotidiano; un quotidiano che, tuttavia, è al tempo stesso stabile e mutevole, così come mutano e si evolvono nel tempo la lingua, le mode e le consuetudini (cfr. C. Scaffidi, Mangia come parli. Com’è cambiato il vocabolario del cibo, Bra 2014, con prefazione di Tullio De Mauro).
Anche per queste ragioni un evento per definizione globalizzante come l’Expo Milano 2015, Nutrire il Pianeta, Energia per la vita (che per la terza volta dal 1851 torna ad essere ospitato in Italia, 104 anni dopo l’edizione torinese del 1911) ha scelto ambiziosamente di confrontarsi “sulla storia dell’Uomo e sulla produzione di cibo, nella sua doppia accezione di valorizzazione delle tradizioni culturali e di ricerca di nuove applicazioni tecnologiche”. Si è così cercato di conciliare la dialettica apparentemente ossimorica tra innovazione e tradizione, facendo sì che esse fossero finalmente intese come tappe di un “percorso culturale, di crescita e di cambiamento che valorizza l’interazione tra i popoli nel rispetto del Pianeta”
L’Expo di Milano, dunque, con il suo “capitale” di valori e di visitatori italiani e stranieri, offre una opportunità di straordinaria importanza per la promozione del nostro patrimonio culturale, consentendo di indagarne la profondità materiale, artistica e storica attraverso uno degli aspetti più comuni del nostro vivere quotidiano: la produzione, il consumo, la sociologia e la ritualità del cibo.

Con questi intenti la Direzione generale Musei ha individuato per l’edizione 2015 delle GEP il seguente tema portante: “La Cultura è il cuore dell’Europa. Ritualità e storia dell’alimentazione attraverso l’arte italiana”.
Com’è nello spirito dell’iniziativa, le GEP si pongono come obiettivo quello di implementare la tradizionale offerta culturale sia rendendo fruibili al pubblico con aperture straordinarie luoghi normalmente inaccessibili sia offrendo eventi speciali e visite guidate inedite a monumenti, musei e aree archeologiche, al fine di sottolineare la centralità della cultura quale essenziale fattore di coesione sociale, da cui ripartire verso nuovi modelli di sviluppo sostenibile.

Le tematiche in discorso si prestano a molteplici approfondimenti e sviluppi prospettici, da declinare assecondando le peculiarità, le risorse e l’inventiva dei singoli Istituti.
Ad un approccio di tipo storico-artistico legato all’analisi stilistica e iconografica di opere più o meno direttamente correlate alle tematiche dell’alimentazione possono, ad esempio, corrispondere approfondimenti legati maggiormente agli aspetti materiali ed economici della produzione\trasformazione degli alimenti e, conseguentemente, della loro circolazione. Come si è accennato al principio, l’indagine delle radici delle nostre tradizioni alimentari anche in termini identitari può essere un accattivante strumento di correlazione dialettica tra passato e contemporaneità; così come, in una prospettiva antropologica (di tipo sia culturale che biologico) e storica di lunga durata, può risultare illuminante l’esame delle interrelazioni esistenti tra l’evoluzione delle pratiche alimentari e, più in generale, i progressi tecnologici, anche al fine di comprendere e giustificare le origini di alcune delle più comuni intolleranze oggi diffuse.
Il tutto a partire dalla consapevolezza profonda che la storia dell’umanità coincide con quella dell’alimentazione e che l’uomo è tale anche in virtù della sua capacità di cucinare, come ha efficacemente ricordato Massimo Montanari, sulla scia di una lunga tradizione di studi che, nel corso del ’900, ha visto confrontarsi l’antropologia sull’opposizione tra categorie come natura e cultura, crudo e cotto: “Cucinare è attività umana per eccellenza, è il gesto che trasforma il prodotto di natura in qualcosa di profondamente diverso: le modificazioni chimiche indotte dalla cottura e dalla combinazione degli ingredienti consentono di portare alla bocca un cibo, se non totalmente artificiale, sicuramente costruito” (M. Montanari, Il cibo come cultura, Roma-Bari 2004, p. 36).
Come oggi tutti ben sappiamo, la produzione del cibo comporta, inevitabilmente, una trasformazione più o meno radicale del paesaggio naturale e/o un adeguamento di quello antropico legato all’introduzione e alla diffusione di nuove tecniche o di nuove colture. Tema, quest’ultimo, che si presta ad essere approfondito con l’ausilio del nostro patrimonio storico culturale, sia per evidenziare strumenti ed esiti correlati alla plasmazione per fini alimentari del territorio, sia per esibire le testimonianze materiali (archeologiche, iconografiche, letterarie ecc.) correlate all’introduzione nel corso del tempo di nuovi alimenti e/o di nuove prassi alimentari. La stessa circolazione degli alimenti costituisce, com’è ben noto, un fulcro economico e strategico di primaria importanza, veicolo di scambi e, inevitabilmente, di contatti e di interazioni culturali, come testimoniano le molte “vie del sale” (prima fra tutte per fama: la Salaria) legate ai circuiti della transumanza, o, su di una scala globale ben più ampia, la celebre “via delle spezie”, porta d’eccellenza verso l’Oriente. Percorsi oggi reinterpretati attualizzandoli grazie alla riscoperta delle tradizioni enogastronomiche che, più o meno in tutta la Penisola, hanno consentito di proporre a vario titolo “vie dell’olio” o “del vino”.
Relitti, frammenti di anfore da trasporto, resti bioarcheologici (carpologici, malacologici, pollinici o faunistici) o residui chimici ricostruiti attraverso analisi molecolari, accanto al più tradizionale approccio tipologico, iconografico, letterario ed epigrafico (ove possibile) sono alcuni tra i molti indizi disponibili ad essere valorizzati per ricomporre il quadro conoscitivo dell’evoluzione delle pratiche alimentari, dalla preistoria fino alla modernità. Una indagine che può passare anche attraverso la materialità corporea, consentendo di ricostruire parametri come la dieta e gli stress alimentari per tramite di analisi chimiche su distretti ossei particolarmente significativi, come i denti o – dove il caso, l’uomo o la natura lo consentono come si è verificato ad esempio per il celebre uomo del Similaun – grazie allo studio diretto di tessuti molli mummificati.
Al termine di questa rapida rassegna dei molteplici approcci possibili, accanto agli aspetti propriamente economici, materiali e fisiologici correlati a testimonianze come quelle appena menzionate, è necessario annoverare infine anche le componenti “immateriali” correlate alla sociologia e alla ritualità del cibo.
L’alimentazione oltre ad essere necessariamente una pratica quotidiana è, salvo rare eccezioni, anche una fondamentale prassi sociale, sia nelle fasi che sovrintendono all’acquisizione \ produzione \ trasformazione \ conservazione delle risorse che, poi, ovviamente, in quelle che presiedono al loro consumo, in una prospettiva che può essere al contempo individuale e collettiva.
Produzione, consumo ed eventuale condivisione possono essere strettamente collegate all’organizzazione familiare e a quella sociale della comunità, creando un legame più o meno diretto tra il modo in cui si mangia e il posto occupato nella società. Aspetti documentati in vario modo dal nostro patrimonio culturale, dall’organizzazione e disposizione di un semplice focolare preistorico alla strutturazione e all’organizzazione delle cucine e delle sale da pranzo nelle residenze nobiliari medievali e moderne. I set da banchetto e da simposio ricorrenti nelle sepolture dell’Italia antica presuppongono non solo l’apparato correlato allo svolgimento della cerimonia funebre ma anche l’immagine traslata dell’ultimo banchetto e/o dell’ultimo simposio di cui è partecipe il defunto, all’atto del congedo dai suoi congiunti. Una condizione in parte legata anche al suo status, che gli consentiva idealmente di imbandire quell’ultimo pasto e quell’ultimo brindisi che, si auspicava, egli avrebbe continuato a celebrare nell’eternità, come attesta la ricorrenza del motivo nell’iconografia funeraria dell’Italia preromana. Un immaginario che perdura trasformandosi nel tempo, fino ad acquisire ricodificandosi la conformazione del “cenacolo” cristiano, nel quale la prassi cattolica ha sublimato la metafora del banchetto attraverso la cerimonia dell’eucaristia, in cui il pane ed il vino assurgono a proiezione del corpo e del sangue di Cristo, offerti come sacrificio per la salvezza degli uomini.
Una sublimazione che introduce l’ultima chiave di lettura precedentemente accennata, quella rituale e religiosa, ruotante intorno al cibo come fulcro della prassi rituale e/o offerta alla divinità, attraverso atti cerimoniali come il sacrificio o la dedica nei santuari di alimenti o di loro potenziali surrogati, assecondando un atteggiamento documentato sin dalla preistoria e ancora oggi comunemente attestato a livello folklorico.

Fonte: Ministero dei Beni Culturali

giornateeuropeepatrimonio2015

Ossigeno 2015 Popstairs: street art sulle scalinate di Roma

27 Lug

Ossigeno 2015 Popstairs, laboratorio di riqualificazione urbana attraverso tre interventi di Street Art realizzati, per la prima volta a Roma, su tre scalinate localizzate nei Municipi XII, XIV e XV, e finalizzati a renderle luogo di interesse artistico-culturale.

Inizia l’8 luglio alle 18.00 la manifestazione OSSIGENO 2015 – POPSTAIRS, inserita nella programmazione ESTATE ROMANA 2015 e realizzata con il sostegno di Roma Capitale in collaborazione con la Siae. Per indagare il rapporto tra l’uomo e il territorio, Associazione Culturale IN/OUT, in coproduzione con Roma&Roma srl e con l’Associazione MURo Museo of Urban Art di Roma, ha ideato e realizzato OSSIGENO 2015 – POPSTAIRS, laboratorio di riqualificazione urbana attraverso tre interventi di Street Art realizzati, per la prima volta a Roma, su tre scalinate localizzate nei Municipi XII, XIV e XV, e finalizzati a renderle luogo di interesse artistico-culturale.
Il progetto è curato ed eseguito da David “Diavù” Vecchiato, tra i massimi esponenti della Street Art romana, e creatore di MURo.
Dopo una fase di risistemazione delle scalinate – grazie alla preziosa collaborazione dei tre Municipi e delle Comunità dei residenti -, gli interventi artistici avranno luogo nel mese di luglio (dall’8 al 14 a via Fiamignano; e dal 23 al 29 a Corso Francia); e a settembre (dal 30 agosto al 6 settembre a Via Ugo Bassi).

Il progetto, realizzato anche grazie al sostegno della Fondazione ItaliaCamp e della Banca di Credito Cooperativo (BCC) di Roma, si concluderà presso il SOSE Stazione Ottavia Spazio Espositivo, in Via della Stazione di Ottavia 5, a partire dalle 20.30 del 15 settembre 2015, con uno spettacolo ad ingresso gratuito de “Le Romane”, dedicato alla canzone della tradizione romana e ai grandi autori che l’hanno immortalata. Il gruppo, composto da Raffaella Misiti (voce), Arianna Gaudio (voce recitante), Annalisa Baldi (chitarra) e Désirée Infascelli (fisarmonica e mandolino), ripropone i versi in musica dei poeti della tradizione – come Belli e Trilussa – mescolandoli con quelli preziosi di Gadda, Pasolini, Strehler; sulle note di grandi musicisti come Trovajoli, Balzani, Carpi, Rustichelli, che spesso hanno raccontato Roma anche attraverso le colonne sonore nei film di Pasolini, Magni, Germi.

La serata sarà occasione per una presentazione conclusiva del progetto, a cura di “Diavù” Vecchiato, tra l’esposizione delle foto e la proiezione dei filmati realizzati nel corso dei tre interventi sulle scalinate.

Ingrid Bergman
Via Fiamignano – XIV municipio

Michèle Mercier
da Giovedì 23 Luglio a Mercoledì 29 Luglio
Corso Francia – I municipio

Elena Sofia Ricci
da Domenica 30 Agosto a Domenica 6 Settembre
Via Ugo Bassi – XII municipio

Vedi anche:

Under Layers: ad Ostia street art in 3D di Alice Pasquini e Stefano Montesi

27 Lug

Under Layers: ad Ostia street art in 3D di Alice Pasquini e Stefano Montesi. Dopo Ostia, il progetto continuerà a Roma.

UNDER LAYERS è un progetto innovativo che unisce la street art di Alice Pasquini e la fotografia tridimensionale di Stefano C. Montesi. Inizierà il 3 agosto un’esperienza coinvolgente per lo spettatore, un viaggio dentro a un quadro, tra illusione e realtà, sul Lungomare Paolo Toscanelli di Ostia. L’arte di Alice Pasquini, con le sue rappresentazioni illustrative di piccoli momenti umani, viene trasformata in un’illusione ottica dalla macchina fotografica di Stefano C. Montesi, per portare lo spettatore dentro il mondo fantastico creato dall’artista. Andando oltre i limiti del muro nella rappresentazione pittorica dei soggetti in 2D, gli interventi ad Ostia, nelle nicchie di Lungomare Paolo Toscanelli (altezza n.186) nel corso di tre periodi, dal 3 agosto al 3 ottobre, daranno alla città la possibilità di partecipare a un’installazione artistica unica nel mondo dell’arte.

L’effetto 3D è determinato dalla ripresa in contemporanea del soggetto, in questo caso i disegni di Alice dipinti su vari livelli, con due macchine fotografiche. Solo la ripresa live e non una conversione successiva da 2D a 3D, assicura una visione stereoscopica d’impatto per l’occhio umano. Le immagine sono sospese tra diversi piani e lo spettatore sente di far parte attiva dell’opera rappresentata.

I poster sono piacevoli anche da vedere senza occhiali, ma quando visti con occhiali 3D anaglyph, i disegni di Alice si trasformano in un mondo che esce dal muro, confondendo i limiti tra la realtà e la fantasia. Gli occhiali saranno lasciati in diversi punti, in distribuzione nelle vicinanze del muro e al Teatro del Lido di Ostia (via delle Sirene 22), un modo per coinvolgere attivamente la cittadinanza anche attraverso il web dove verranno pubblicati i luoghi in cui trovare gli occhiali e gli indirizzi degli interventi.

Un progetto promosso assieme all’Assessorato alla Cultura e al Turismo.

A Roma dal 23 al 25 ottobre, il progetto culminerà con un evento allestito nello spazio OPENGRA in via Francesco Negri 51/53.

UNDER LAYERS
Un progetto di Alice Pasquini e Stefano C. Montesi
3 agosto – 3 ottobre 2015
Lungomare Paolo Toscanelli – Ostia

Vedi anche:

Alice Pasquini è un’artista romana che lavora come illustratrice, scenografa e pittrice. Le sue “tele” preferite sono i muri. Ha ampiamente viaggiato portando alla luce molte opere in moltissime città sparse nel mondo: Sydney, New York, Barcellona, Oslo, Mosca, Parigi, Copenhagen , Marrakech, Berlino, Saigon, Londra e Roma. Nata nel 1980, Alice si laurea all’Accademia di Belle Arti di Roma, successivamente vive e lavora in Gran Bretagna, Francia e Spagna. A Madrid porta a compimento un corso in animazione alla rinomata Ars animation school. Nel 2004 ottiene un MA in critica d’arte all’Università Computense. Nel 2012 viene selezionata per partecipare a “Scultura Viva” XVI simposio internazionale di scultura e pittura murales a San Benedetto del Tronto. Nel 2013 realizza a Roma un ciclo di lavori per i Musei Capitolini visibili nella piazza del Campidoglio e un pannello per la Pinacoteca Comunale d’arte contemporanea di Gaeta . I suoi lavori vengono esposti al Museo MACRO di Roma (2014); alla Tri-Mission Art Gallery, American Embassy, Roma (2013); alla Galleria d’Arte Provinciale Santa Chiara; alla Galleria Nazionale, Cosenza (2013); alla Casa dell’Architettura di Rome (2013); alla Colab Gallery, alla Weil am Rhein (2013); a Palazzo Candiotti, Foligno (2012); all’Espace Pierre Cardin, Parigi (2012); al Mutuo Centro de Arte, Barcelona (2012). Alice porta a termine molti progetti con clienti internazionali come Canon, Nike, Range Rover, Toyota, Microsoft e illustra il romanzo “Vertigine” edito Rizzoli. Ha collaborato con l’Istituto Italiano di Cultura di Singapore (2013) e Montevideo (2015) e ha attivamente partecipato ad eventi e festival internazionali di arte urbana.

Nato a Roma nel 1962, Stefano Cristiano Montesi, lasciati gli studi di Architettura, inizia a lavorare come assistente di Giuseppe Pino a Milano nel 1989. Nel 1993 torna a Roma e per anni è assistente freelance di fotografi come: Guido Harari, Gianpaolo Barbieri, Antonio Guccione, Elisabetta Catalano, Alberta Tiburzi, Michel Comte. Nel 1993 entra a far parte dell’agenzia Photomovie diventando in seguito e più esattamente Nel 2008 fotografo freelance. Sue foto sono state pubblicate sulle copertine di “Io Donna”, “Ciak”, “Il Venerdì di Repubblica”, “A”, “Sight and Sound”, “Zoom”, “Sette del Corriere della Sera”, Tv Sorrisi e Canzoni, “Chi”. Ha vinto per quattro volte il premio come miglior fotografo di scena al concorso nazionale per fotografi di scena “Cliciak” di Cesena, ed ha scattato fotografie di scena sui set di più di 70 film italiani e stranieri. Dal 2010 collabora con Philippe Antonello per la Antonello&Montesi sia nel campo della fotografia tradizionale che nell’ambito della fotografia tridimensionale. Nel 2010 la Antonello&Montesi ha ideato e realizzato sei cover in 3D per il settimanale “Sette” del Corriere della Sera in occasione della 67a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, la mostra “GEN3DER”, esposta al Museo Internazionale di Arte Contemporanea di Spoleto e i lavori entrati in finale al Premio Internazionale Arte Laguna. Nel 2011 il progetto, sempre in 3D, “Ypsilon” esposto durante la rassegna Umbria per la Biennale d’Arte Contemporanea, sono stati i primi in Italia a realizzare e pubblicare un libro fotografico in 3D dal titolo “Adonis in high heels” dedicato al mondo delle Drag Queens. Nel 2012 alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia hanno realizzato ed esposto in progress “Le tre dimensioni del Cinema” (ritratti di attori), Nel 2015 hanno ideato (con Giuseppe Bianco) e realizzato la mostra in 3D “Equilibrii” la Danza in tre dimensioni esposta all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Dal 2010 nell’ambito della fotografia bidimensionale la Antonello&Montesi ha realizzato campagne stampa, lanci pubblicitari e manifesti cinematografici in Italia e all’estero. http://www.stefanomontesi.com / http://www.antonellomontesi.com

 

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